JUNG: QUALE ASTROLOGIA?
di Enzo Barillà
E’ opinione comune presso gli ambienti astrologici che Carl Gustav Jung fosse interessato all’astrologia. Tale interesse è stato – da parte di alcuni psicologi che pure si richiamano al suo pensiero – volutamente ignorato mentre da altri è stato sminuito con l’evidente fastidio di chi teme il discredito che potrebbe derivare dal coinvolgimento in tematiche così poco ortodosse.
Del resto, si sa con quanto penoso imbarazzo gli astronomi a tutt’oggi spiegano la passione per l’astrologia da parte di Copernico, Keplero e Galileo (Tolomeo è un caso a parte), motivandola con loro presunte pressanti necessità economiche.
Ma per quanto riguarda Jung, è fin troppo facile ristabilire la verità in merito al suo atteggiamento verso la nostra disciplina se solo se ne scorre l’epistolario. Egli scrive dunque a Sigmund Freud in data 12 giugno 1911: “Di sera sono molto impegnato con l’astrologia. Sto facendo dei calcoli oroscopici per rintracciarvi il grado di verità psicologica. Fino ad ora ci sono alcune cose strane che a Lei sicuramente devono sembrare incredibili.” E’ da notare che Jung aveva all’epoca 36 anni e gli era ben nota l’avversione di Freud verso “la nera marea di fango dell’occultismo”.
Ci si può domandare a quali testi il grande psicologo abbia attinto per acquisire le nozioni di base di tecnica astrologica. Poiché conosceva bene sia l’inglese che il francese, non è inverosimile che Jung abbia studiato sui libri di Alan Leo, Sepharial, F. C. Barlet, Fomalhaut, Henri Selva, Paul Choisnard, tutti autori attivi e già ben noti tra fine ‘800 ed inizio ‘900.
Per quanto riguarda Paul Choisnard, considerato il padre della rinascita astrologica francese, abbiamo prova che Jung ne conoscesse l’opera, poiché lo cita espressamente nella sua lettera del 29 gennaio 1934 indirizzata al dott. B. Baur. Questa è oltremodo interessante anche perché dimostra che il maestro svizzero riteneva “convalidata” l’astrologia dal punto di vista empirico, pur essendo all’epoca orientato ad attribuirne l’efficacia in base al concetto di “tempo qualitativo”, che abbandonerà in seguito.
Scrive invero Jung: “Il fatto che l’astrologia tuttavia fornisca risultati validi prova che non sono le apparenti posizioni degli astri che operano, ma piuttosto i tempi che vengono misurati oppure determinati da posizioni astrali arbitrariamente determinate. Perciò il tempo risulta come un flusso di eventi carico di qualità e non come una concezione astratta o una condizione della conoscenza, come vorrebbe la nostra filosofia.” In quella stessa missiva, Jung mostra poi di disattendere la vecchia obiezione basata sul fenomeno della precessione degli equinozi (a causa della quale le costellazioni non corrispondono più ai segni zodiacali), che anzi imputa “alla teoria primitiva secondo cui sono le stelle stesse ad irradiare certi effetti.”
Ma i riferimenti all’astrologia nella vasta opera junghiana non si limitano all’epistolario. Essi sono talmente numerosi che, visti i limiti di queste note, necessita qui contenersi a pochi accenni.
Nel 1928, in occasione del Convegno degli psichiatri svizzeri, Jung tiene una conferenza dal titolo “Tipologia psicologica” dove non manca di richiamarsi alle triplicità o trigoni dei quattro elementi per così concludere: “Come poi possa esistere un nesso tra i segni zodiacali e i pianeti da una parte e i temperamenti individuali dall’altra, è una questione che si perde nelle nebbie del più remoto passato e per la quale non esiste risposta.”
Risposta che il grande studioso ritiene successivamente di individuare nel principio di sincronicità. Si veda a questo proposito la risposta del novembre 1945 al questionario del prof. J. B. Rhine nonché la lettera del 6 settembre 1947 all’astrologo indiano B. V. Raman dove, tra l’altro, scrive: “Nei casi di diagnosi psicologiche difficili di solito faccio fare l’oroscopo per acquisire un ulteriore punto di vista da una visuale completamente diversa. Debbo dire che molto spesso ho trovato che i dati astrologici spiegavano certi punti che altrimenti sarei stato incapace di capire.”
Jung mantiene la stessa impostazione nella lunga risposta datata 26 maggio 1954 al questionario sottopostogli dal francese André Barbault, dove mostra di avere dedicato la propria attenzione anche ai transiti planetari. Infatti alla domanda se egli avesse osservato fasi di resistenza o di progresso nel trattamento analitico in concomitanza con determinati transiti, Jung risponde: “Ho osservato molti casi in cui una ben definita fase psicologica, o evento analogo, era accompagnata da un transito (in particolare quando erano coinvolti Saturno e Urano).”
A questo punto possiamo – pur trascurando di commentare analiticamente le successive lettere al Prof. Hans Bender del 12 febbraio 1958 e 10 aprile 1958 (quest’ultima peraltro assai importante per chiarire quale fosse il pensiero di Jung in merito al principio di sincronicità applicato all’astrologia) – cercare di rispondere alle domande implicitamente poste con queste brevi note, ed affermare, senza tema di smentita, che Jung si è servito dell’astrologia, nel suo aspetto di indagine caratterologica, quale valido ausilio del suo lavoro analitico. E poiché credeva nella realtà di questa disciplina antichissima (“sono tentato, quando è il caso, di includere l’astrologia fra le scienze naturali”) ne propose una possibile chiave di lettura ricorrendo al suo principio di sincronicità per concludere però, con l’umiltà propria di chi è grande, che “l’astrologia sembra richiedere varie ipotesi ed io non sono in grado di dichiararmi per l’una o per l’altra. Bisognerà rifugiarsi in una spiegazione mista visto che la natura non si preoccupa della pulizia dei nostri concetti intellettuali.”
1. Cfr. A. Carotenuto, Jung e la cultura italiana, Astrolabio, Roma 1977, pagg. 117 e 119
2. C. G. Jung, Briefe, Walter Verlag, Olten 1973 (edizione in lingua tedesca); C. G. Jung, Letters, Routledge & Kegan Paul Ltd., London 1973 (edizione in lingua inglese).
3. Ricordi, sogni, riflessioni di C. G. Jung, BUR, Milano 1979
4. Opere, Vol. 6, Boringhieri, Torino 1981, pag.527 e segg.
5. “Il fenomeno della sincronicità è quindi la risultante di due fattori: (1) un’immagine inconscia si presenta direttamente (letteralmente) o indirettamente (simboleggiata o accennata) alla coscienza come sogno, idea improvvisa o presentimento; (2) un dato di fatto obbiettivo coincide con questo contenuto.”
6. La sincronicità come principio di nessi acausali, Opere, Vol. 8, Boringhieri, Torino 1983, pag. 477
6. Lettera del 10/4/1958 al Prof. Hans Bender
7. Ibidem
(articolo apparso sulla rivista Sirio n. 193 – maggio 1999)